Warmth
- Keira Mals Jaycee
- 8 feb 2019
- Tempo di lettura: 8 min
~ Introduzione, Copyrights e cenni contestuali ~
❧ Universo: World of Warcraft,
Universo World of Warcraft, marchio "Warcraft", ambientazione, razze e lore appartenenti a © Blizzard Entertainment.
Personaggio di Nixxrax Fillamug appartenente a © Blizzard Entertainment.
Personaggio dell'High Elf Nightstalker appartenente a © Red Caffeine [Keira Mals Jaycee].
Screenshots eseguiti ed appartenenti a © Red Caffeine [Keira Mals Jaycee].
↶ Capitolo precedente: Forgotten
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Warmth - Tepore
♪ Colonna sonora suggerita: Stranglethorn Vale - World of Warcraft Cataclysm OST (ripetizione in loop consigliata)
✎ Ambientazione: Thermal water catchment near Booty Bay (bacino termale vicino alla Baia del Bottino), The Cape of Stranglethorn (Capo di Rovotorto), Kalimdor, Azeroth.


L’acqua contenuta nel bacino d’acqua termale si cullava dolcemente tra le sue sponde. A due passi da Booty Bay, quella nicchia acquifera era divenuta il luogo per eccellenza di relax ed ottimo rifugio in cui riordinare le idee. Assumeva un particolare fascino nelle ore preserali, quelle in cui l’allettante luce crepuscolare era trattenuta come in un caloroso abbraccio dai monti che lo circondavano e lo specchio d’acqua cominciava ad essere baciato dai primi sguardi lunari. Proprio lì s'era addentrata quella creatura per fruire di tutto il suo naturale splendore ed omaggiare quelle rive con la tipica, elegante bellezza della sua razza: i capelli bianco platino emananti scintillanti riflessi argentei lasciavano spiccare liberamente le lunghe e morbide orecchie appuntite, mentre le iridi marine e le sclere di ghiaccio catturavano ogni scintillio acqueo e lo trasformavano in un mistico riflesso. Di certo, l’ultima razza che gli abitanti della zona si aspettavano di incontrare da quelle parti era un High Elf (Alto Elfo); tanti del posto li avevano addirittura dipinti come una sorta di leggenda alle generazioni successive, tanto rara era la loro apparizione nei dintorni. Tuttavia, alla creatura non pareva lambire la pesante aria salmastra, il quasi asfissiante tepore caratterizzante quelle lande e gli indiscreti sguardi che avevano stuzzicato la sua figura da quando aveva messo piede su quell'angolo di Azeroth.
S’accarezzava ora il corpo slanciato, agile e ben definito con le mani umide, bagnandosi i pettorali con l’ampio palmo e lambendo le clavicole con le lunghe dita che, sebbene affusolate, risultavano decisamente virili. Gli albin capelli erano divenuti naturali scivoli per le gocce d’acqua che albergavano sul suo capo; alcune, ribelli alle sue sorelle, sfuggivano al gregge per scendere lungo la sua fronte, andando a ricalcare i tanto maschili quanto eleganti lineamenti del suo volto. I suoi particolari e luminosi occhi, in quell’atto di rilassamento e distensione, potevano essere raramente intravisti, e quando era possibile scrutarli tra le ciglia bianche come la neve era concesso contemplarli solo da una mera fessura, angolazione che li rendeva ancora più misteriosi ed allettanti. Il loro padrone, infatti, li socchiudeva con l’unico scopo di assicurarsi che il suo corpo nudo fosse adeguatamente inumidito e rinfrescato.
Furono degli incauti ed alquanto rozzi passi ad avvicinarsi al bacino a quell’ora della sera e ad irrompere nella plastica atmosfera di mistico rilassamento che dilagava. La prima cosa che si mostrò a quei piccoli occhi vispi e maliziosi fu la schiena ignuda dell’elfo.
"Ah – ehm...", tentò di attirare l’attenzione una voce tanto roca quanto graffiante sulle pareti della gola e nelle orecchie altrui.

Il lungo orecchio sinistro dell’elfo si tirò naturalmente all'indietro all'udire quel richiamo con la medesima gestualità a cui sono avvezzi i felini. Seguì un lento movimento del capo, volto a rivolgere solo parzialmente lo sguardo alle sue spalle. Dai suoi occhi socchiusi trapelava un sinistro riflesso acquamarina che squarciava le giovani tenebre della sempre più audace notte. Il goblin che l’aveva disturbato durante il suo bagno all'ormai chiaro di luna deglutì lestamente, con un fare che non riuscì bene a capirsi se volesse essere ironico o sinceramente ansioso.
"Perdonate l’interruzione, messere...", gracchiò ancora la fastidiosa voce della creatura dall'improbabile epidermide verdastra. "Ma ho un'urgente comunicazione per voi."
Fu allora che con movimenti calmi ed innatamente distinti l’elfo si volse completamente verso l’intruso. Sul suo volto non riuscì a distinguersi alcuna espressione di fastidio o turbamento mentre avanzava verso il goblin senza curarsi di coprirsi il corpo durante la graduale emersione dal bacino termale. Questa volta, furono le orecchie della creatura verdastra ad animarsi, mandando in frantumi il tentativo del proprio padrone di nascondere quell'imbarazzo altresì infiltratosi prepotente ed inesorabile in lui quando posò lo sguardo sul sesso dell’altra creatura. Nel momento in cui si trovò al suo cospetto, nonostante l’elfo avesse mantenuto una rispettosa distanza dalla sua persona, fu comunque costretto ad alzare il mento al cielo per incontrare gli occhi della nobile creatura. Con le orecchie ancora buffamente piegate all'indietro, porse la lettera che teneva nelle tozze mani, i cui vistosi calli erano stati accuratamente plasmati da eterni sfregamenti dello straccio sul bancone della locanda di cui si occupava da oramai innumerevoli anni. L’albino allungò l’arto destro ed afferrò tra l’indice ed il medio la busta ingiallita dalle intemperie del viaggio. Con un gesto naturalmente signorile tuttavia pragmatico e lesto aprì la missiva e distese la lettera che conteneva. La scrittura che ebbe l’opportunità di contemplare era innegabilmente grezza, ma i tratti mantenevano una certa cura e sinuosità. La sua esperienza gli suggerì l’etnia del mittente: un Tauren. Fece scorrere i suoi mistici occhi glaciali lungo le righe ricamate con parole inchiostrate, sbattendo di tanto in tanto le palpebre con fare pacato ed assorto. Il goblin attese in silenzio, sfregandosi nervosamente le mani, ancora animato da un'ancestrale ed implacabile vergogna che non lo privava tuttavia di curiosare di tanto in tanto con lo sguardo verso il corpo scolpito dell’elfo. Non era tuttavia difficile da crederlo: i goblin erano famosi per la loro spudoratezza, furbizia ed intelligenza malriposta. Non li si poteva di certo comparare con gli Gnomi (razza specchio dell'oramai fazione contrapposta): quest'ultimi, infatti, nonostante fossero animati da una vivacità che rasentava talvolta l'isteria, vantavano di un'altrettanto valida potenzialità intellettiva ed abilità meccanica, ma non la impiegavano sicuramente a fini commerciali od egoistici.
"Non riescono a consegnare un pacco ma la missiva per comunicarne il ritardo della consegna sì...?"
L’infastidito commento emerse dalle labbra dell’elfo alla conclusione della lettura. Il suo tono conciliò le parole con una naturale imperturbabilità che, unita all'impronta leggermente sarcastica, conferì alla frase un’autorità innata forse nemmeno desiderata, un’aria di rimprovero in parte sentita, ed una stizza decisamente voluta. La voce virile e profonda mantenne comunque una nota giovanile ed accattivante che alleggeriva un poco la solennità che suscitava.
"Le missive a Booty Bay giungono via aerea, signore...", fu il tentativo del goblin di rasserenare lo spirito dell’elfo.
"Ne sono al corrente.", giunse la tagliente ed incalzante replica di quest’ultimo. "Ma il pacco che attendo potrebbe tranquillamente essere trasportato da un volatile.", concluse poi, ripiegando con cura la lettera.
"Avete ragione messere, il sistema della corrispondenza oggigiorno è a dir poco... imbarazzante."
Ricercò con premura quella parola, tanto che il suo cervello, abituato ad imprecazioni ed insulti di ogni genere e lingua, dovette spremersi un attimo prima di trasmettere alle labbra l’aggettivo scelto con tanta cura.
La creatura elfica fissò nelle concavità oculari gli occhi sfuggenti del goblin. Lo fece con naturalezza, con la stessa naturalezza che guidava ogni suo gesto e che ad esso donava una sorta di potere intimidente e raggelante pressoché ineludibile. Il malcapitato mostriciattolo verde non seppe spiegarsi il motivo di quel brivido che corse lungo la sua corta schiena per estinguersi miseramente qualche istante dopo nei paraggi del suo cervelletto. L'elfo gli volse le spalle e si diresse verso gli indumenti che erano piegati distrattamente nei presso della sponda del bacino termale.
"Tuttavia, perdonerete la mia insistenza, signore...", s’affrettò ad avvicinarsi alla schiena della creatura con scoordinati e rozzi passi, "Gli affari non si possono far attendere come le missive, i pacchi, o...", il goblin parlò con urgenza, con un’impazienza tale da offuscare il timore reverenziale che l’aveva dominato fino a poco prima. "…i bagni di piacere…"
Le ultime parole in particolare furono pronunciate con l’atteggiamento di un bambino indisciplinato ben conscio della punizione in arrivo per l’irriverenza mostrata ma spinto da un’irrefrenabile malizia a cui non riesce a porre rimedio, ed a cui, in fondo, non desidera nemmeno rinunciare. Una raggelante occhiata scivolò sulla spalla sinistra dell’Alto Elfo. Essa bastò per schiacciare la ripugnante creatura dietro alla sua schiena come un martello celeste, indurla ad indietreggiare e ad emettere degli astrusi versi di malcelato timore.
"Ehr, ehm... Scherzavo, signore… Era ovviamente era una burla, he he, una simpatica burla per alleggerire la tensione... He... Eh...", ridacchio istericamente e con la lena di un verme a terra strisciante mentre si allargava il colletto già slabbrato della salopette che indossava.
Lentamente, l’occhio glaciale dell’elfo tornò ad osservare agli indumenti che di lì a poco il suo padrone avrebbe indossato. Le sue dita s’avvinghiarono dunque sul bordo dei calzoni in pelle scamosciata, aggrappandosi ad esso come gli artigli di un falco.
"Dal momento che condivido appieno il vostro punto di vista…", si issò i pantaloni fino alla vita, tenendoli leggermente più bassi di quanto non fossero preposti ad essere portati, "...i bagni di piacere me li concedo solo quando sono assolutamente certo di aver portato a termine tutte le missioni di cui mi sono fatto carico." si strinse la cintura, infilando i doppi rebbi nei due fori più stretti.
"Tuttavia, messere…”, tornò alla carica il verdastro, "Non ho avuto modo di notare il carico di vino rosso che vi avevo gentilmente chiesto di andare a recuperare dal Capo di Grom’Gol..."
"Non mi assumo responsabilità di un vostro qualsivoglia difetto visivo, mastro Fillamug.".
"Che cosa intendete dire?", domandò il goblin, sempre più assetato di risposte, compiendo qualche istintivo passo in direzione dell’elfo mentre - ancora - si sfregava nervosamente le tozze mani. "Sapete, mastro Skindle non è avvezzo a chiudere un occhio su queste indulgenze... Preferisce piuttosto chiuderlo con un destro ben piazzato a coloro che non fanno ciò che viene loro ordinato…", concluse, con voce acutizzata da un malcelato timore.
L’albino volse ancora una volta il viso verso sinistra per poter incontrare la figura del fastidioso intruso con la coda dell’occhio.
"E’ per questo che la mia morale mi ha a gran voce suggerito di sistemare la cassa già sotto al bancone."
A quell'affermazione, i languidi occhietti rossi infossati nelle cavità oculari del goblin si sbarrarono.
"Oh...!", esclamò, animato da una tanto incredula quanto piacevole sorpresa. "Dunque... Sono già sotto al bancone...!"
Fece per schizzare verso l’entrata posteriore di Booty Bay. Tuttavia, proprio quando l’albino, mosso da sollievo, si lasciò andare ad un discreto sospiro a labbra serrate, il barista goblin s'affrettò a tornare sui suoi passi. Eccolo cominciare ad inchinarsi ripetutamente quasi meccanicamente e spasmodicamente alle sue spalle.
"Non so come ringraziarvi, mastro Nightstalker, vi ringrazio dal profondo del cuore!!"
Ed eccolo allo stesso modo impazzare nuovamente - questa volta per davvero - verso le fauci della creatura marina che sancivano l'entrata della città senza curarsi di attendere una replica da parte dell’elfo. In ogni caso, egli non gliel’avrebbe concessa, con molta probabilità. Ma quale cuore, pensò in silenzio, era già tanto se il petto fosse riempito da una manciata di informe frattaglie pulsanti, piuttosto. Quest’ultimo ignorò i ringraziamenti del goblin - ben conscio della loro vacuità - e si era voltato solo con il viso ed in maniera parziale mentre s’allacciava gli scarponcini con il piede appoggiato su una roccia lì vicina. Ritornando a concentrarsi sulle sue faccende, l’High Elf oramai abbigliato per la parte inferiore si issò in tutta la sua altezza, rasentante il metro ed ottantanove. I suoi lunghi capelli albini si erano asciugati quasi completamente, e verso la sommità della nuca - dove le ciocche erano più corte - avevano assunto una piega particolare, dispiegandosi come due piccole ali bianche all'indietro. Due lunghi ciuffi segmentarono i lati del suo volto, risaltando con eleganza i lineamenti senza comprometterne la virilità. Si gettò distrattamente addosso la sua camiciola bianca in cotone, si rimboccò le maniche fino al gomito e lasciò l’indumento blandamente slacciato fino al delta creato dai pettorali. Si volse quindi alle proprie spalle, nella direzione in cui era fuggito Fillamug poco prima. I pensieri ed i progetti di azione ripresero a condensarsi nella sua rinfrescata mente. Sbatté con calma le palpebre, ripose la lettera appena letta nella tasca destra dei calzoni e cominciò ad avviarsi verso la capitale della pirateria, la casa dei bucanieri ed il rifugio dei rigurgiti della società: Booty Bay, la Baia del Bottino.
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